lunedì 9 gennaio 2012

Origini, evoluzione e trasformazione del fonomeno settario- Prof. Andrea Feltri- Criminologo-Cultore del fenomeno settario


Origine, evoluzione e trasformazione del fenomeno settario

e l’interazione con la società

Andrea Feltri

(Criminologo clinico, Criminalista, esperto di macrosistemi organizzativi di tipo settario)

I culti messianici del nostro tempo

non cadono dal cielo,

crescono piuttosto dal centro della società

che è interiormente malata

(Kaberman)

Oggigiorno, la nostra società vive in una profonda crisi di identità ,in un periodo di continue trasformazioni e di disordini con un aumento progressivo di reazioni incongrue e diversificate.

Inutile nascondere che la paura del futuro è alquanto diffusa,la sensazione di inguaribilità della società, il timore della tragedia incombente,inducono alla ricerca di soluzioni alternative con una modalità di fuga e di abbandono.

Senza meno le motivazioni specifiche che stimolano la costituzione ovvero la nascita di una “setta” si trovano generalmente nei profondi disagi e nei conflitti, annidati all’interno di una società .

Cambiamenti nella posizione economica di un particolare gruppo,alterazioni dei normali rapporti sociali che si hanno in caso di rapida industrializzazione e conseguente urbanizzazione,l’incapacità del sistema sociale di rispondere alle esigenze di alcuni gruppi,particolari per età,sesso,status,sono tutti possibili stimoli. Sono bisogni a cui una setta risponde fornendo varie soluzioni all’insicurezza ed all’ansia.

Evidentemente l’esperienza del “no future” è più marcata nei giovani che hanno ancora davanti a sè

buona parte del loro futuro personale.

Tutti gli uomini in circostanze “catastrofiche” o vissute come tali, che minacciano l'integrità individuale

o l'integrità del proprio ruolo nella società, tendono a rivolgersi alla religione.

Le chiese ufficiali, attualmente, sono avvertite, soprattutto dai giovani, troppo attaccate al vecchio

sistema incurabile ed a volte con esso conniventi o viceversa come una panacea a tutti i mali che una

società può presentare per cui possono essere antagoniste o protagoniste di conflitti non sempre solo

religiosi.

Wilson ha proposto una classificazione dei tipi di sette che si basa essenzialmente sulla risposta che un

gruppo può dare ai valori prevalenti della società:

1. le sette Conversionistiche;

2. le sette avventistiche;

3. le sette introversionistiche;

4. le sete gnostiche;

Le sette Conversionistiche cercano di cambiare l'uomo e con esso il mondo, la risposta è l'ottimismo e

la buona volontà.

Le sette Avventiste perseguono cambiamenti drastici del mondo in vista del Nuovo Avvento, la risposta è un determinismo pessimistico.

Le sette Introversionistiche rifiutano i valori del mondo e li sostituiscono con valori interiori più alti per cui sono coltivate solo le risorse interiori.

Le sette Gnostiche accettano gran parte delle mete della società, ma cercano di raggiungerle con mezzi

esoterici: la risposta è un misticismo fatto di desiderio.

.

Come ha osservato lo stesso Wilson vi è una sorta di corrispondenza fra le istanze individuali e le

risposte che la setta dà e che possono essere assimilati alla tipologia dei meccanismi di adattamento

individuale definiti da R. Merton nel suo testo “Struttura sociale ed anomia”. Difatti vi è una certa

corrispondenza, per esempio, fra le introversionistiche e le istanze astensioristiche, fra sette

rivoluzionarie ed impulsi di ribellione, fra le sette gnostiche ed i comportamenti innovativi. Il tipo di

risposta conformista di Merton può assumere valore nel momento in cui l'individuo agisce la scelta nel

ventaglio delle sette. Si stabilisce, così, una relazione circolare del tipo S-R-S: dalle sette all'individuo

come risposta di un qualcosa e dall'individuo come istanza di qualcosa alle sette.

Gli studiosi di questo fenomeno religioso hanno operato delle distinzioni fra sette, culto,

denominazione, religione. La definizione della tipologia del fenomeno si può attuare in base ad alcuni

parametri come la legittimazione che può essere pluralistica o esclusiva: la chiesa ha una legittimazione

esclusiva e rispettabile; la setta ha una legittimazione esclusiva e deviante, la denominazione, una

legittimazione pluralistica rispettabile, il culto è deviante ed inserito in una legittimazione pluralistica.

È stato oggetto di discussione e di riflessione da parte di molti studiosi dell’argomento circa la

definizione da dare al fenomeno “sette”. Il termine sette riveste sempre una connotazione dispregiativa

e non sembra essere esaustivo delle motivazioni personali e sociali che sottendono alla nascita di questo

fenomeno. Sarebbe, infatti, corretto parlare di culto emergente e di “milieu cultico” in quanto il culto di

per sé è portatore di idee innovative, anche se divergenti da quelle comuni della società o della chiesa

ufficiale. L’entroterra culturale in cui si sviluppa il culto emergente è rappresentato da uno speciale

ambiente fuori del quale, i culti, se non si trasformano, muoiono. Esso è costituito da tutti i sistemi di

credenze devianti e dalle pratiche ad essi associate. Ne sono un esempio la scienza non ortodossa, le

religioni estranee ed eretiche, la medicina alternativa e tutto ciò che comprende elementi di questo

entroterra con inclusione anche dei mondi dell'occulto e del magico, dello spiritualismo e dei fenomeni

parapsichici, del “Nuovo Pensiero”, della New Age e delle cure attraverso la fede e di quelle naturali.

Questo assortimento eterogeneo di items culturali diversi, costituisce una singola entità: il “milieu

cultico”. L’evoluzione sequenziale che si osserva nella definizione del fenomeno ci dà un’idea del

continuum sociale dello stesso. La sequenza, infatti, di culto-setta-denominazione-religione, rappresenta

un continuum in cui ogni distinzione precisa, se pur utile, ha sempre qualcosa di arbitrario.

Attualmente è in uso definire tutto il fenomeno nel termine onnicomprensivo e dispregiativo di “sette”.

Esse rappresentano un’emergenza della società che si articola in vari punti:

l'esistenza di un capo carismatico, che afferma di essere dotato di una dottrina speciale di salvezza e che

si circonda di un gruppo di giovani su cui domina con l'autorità e con il ruolo di padre. La conseguenza

ovvia di tale relazione è quella di spezzare il legame con la famiglia naturale. Il capo pone regole rigide

ed assolute con forte senso gerarchico. Sono presenti una spasmodica attesa di qualcosa, di

un’innovazione, di un miglioramento a cui gli adepti si preparano con nuovi valori, il desiderio e la

determinazione di affermarsi, di emergere. Attraverso quest’analisi si giunge alla formulazione di un

unico denominatore che è il culto emergente. I culti emergenti danno delle risposte alle istanze, ai

bisogni dell'individuo secondo una relazione circolare. Questo rapporto autoregolantesi può subire

variazioni e riassestarsi su nuove modalità quando il culto cambia tipo di risposta per trasformazione

interna. Partendo proprio dalla definizione si può dare del culto emergente un'attribuzione di sistema.

Questo sistema soddisfa le tre caratteriste che E. Morin nel “Il Metodo” attribuisce al sistema stesso:

l'organizzazione, l'unità globale e le emergenze. Il culto emergente, infatti, è un'organizzazione

gerarchica con al vertice un capo carismatico o un'oligarchia di anziani, è caratterizzato da idee

innovative che propongono un quid novi rispetto a quelli tradizionali. Le relazioni fra gli adepti ad un

culto e la loro totalità non formano un sistema se non interviene l'idea della organizzazione ad

interconnettere le interazioni e la totalità. Nasce così, il culto come sistema con un'organizzazione, con

un determinismo interno, regole e subordinazione ad un capo. Dall'organizzazione e dalla globalità

emergono le nuove qualità, i valori innovativi (le emergenze) che creano una soluzione di continuo con

quelli tradizionali e che danno al culto la connotazione di marginalità.

In relazione alla società il culto è un sottosistema. La società rappresenta il sistema che lo contiene e lo

controlla ed al quale il culto è subordinato. Da questa angolazione il culto, subordinato alle regole della

società, si delinea come attore sociale per il quale sono validi tutti i vincoli che si impongono ai

partecipanti di un'organizzazione.

Come affermano Crozier e Friedberg un vincolo essenziale nell'organizzazione è il potere che è

inesistente in sè ma che si attualizza quando si stabilisce una relazione fra attori che accettano di legarsi

o che sono legati di fatto. In effetti il culto e la società sono legati. La prima grande fonte di potere è il

possesso di una specializzazione, di una competenza. Nell'analisi del fenomeno religioso appare

evidente che la competenza del religioso spetta alla religione ufficiale, istituzionale, unica depositaria del

tramite con il divino, questa competenza è ufficialmente riconosciuta e quindi fonte di potere. Il culto

emergente si trova nella posizione di avere come obiettivo, da cui dipende la sopravvivenza dei suoi

valori e di sè stesso, la conquista del potere nell'ambito del sistema più vasto che lo contiene. Il potere si

esercita da parte degli attori sociali, nell'ambito della società, cercando di circoscrivere e di controllare

una vasta area di “zone organizzative di incertezza”. Più estesa è la zona di incertezza tenuta sotto

controllo da parte di un attore sociale, più grande sarà il potere. Il culto non potrà, ovviamente, avere

sotto controllo molte zone organizzative di incertezza sia in relazione alla società sia alla chiesa ufficiale.

Nell'ambito di una società come sistema, l'organizzazione regolarizza l'andamento dei rapporti di

potere. Da un lato influenza la “capacità” dei suoi membri di acquisire delle risorse, delle

specializzazioni, dall'altro condiziona la loro “volontà” di servirsene realmente, fissando delle

“poste”anche arbitrarie, mutevoli e casuali e non sempre sufficientemente pertinenti e talmente

importanti da giustificare la mobilitazione di risorse per affrontare i relativi rischi.

In questo rapporto di potere, proprio- della nostra organizzazione sociale, non tutti i partecipanti hanno le

stesse risorse, non per tutti vengono fissate delle “poste” pertinenti e “mobilitabili” e costoro sono

quindi esclusi dal gioco. “Le Jeux sont faits” e i giocatori-attori sociali dovranno “puntare” altrove. Non

sempre i partecipanti riescono a “puntare” e a vincere, non sempre sono in grado di reggere e portare

avanti il gioco del potere. Questa frangia di partecipanti-giocatori, sconfitti, frustrati, forma quello che

Toynbee chiama “proletariato interno”. La caratteristica del proletariato non è la povertà o la bassa

estrazione sociale, ma la consapevolezza, ed il conseguente risentimento, di essere defraudati del posto

nella società che di diritto spetta. Il proletariato interno ed i giovani, ancora non impegnati nel gioco del

potere, rappresentano la zona organizzativa di incertezza di cui potenzialmente si può appropriare il

culto sia nei confronti della Società che della Chiesa ufficiale. Il culto, a sua volta, si impegna nel gioco

con l'obiettivo di trasformarsi ed acquisire il potere riconosciuto nella istituzionalizzazione del religioso

e di quei valori innovativi che rappresentano all'emergere del culto. Una volta che si è definita la

stabilizzazione dello stesso si possono avere due tipi di evoluzione. I caratteri peculiari con il tempo si

attenuano ed il culto tende ad acquistare le caratteristiche di tolleranza e liberalità oppure esso può

progressivamente esasperare le sue caratteristiche. Gli attori sempre più impegnati nel gioco (ormai

patologico) per il raggiungimento del potere possono originare gruppi terroristici, satanisti, o dare

origine a suicidi di massa come il noto olocausto del People Temple.

Sette sataniche- Intervista al Prof. Andrea Feltri- Criminologo- Cultore del fenomeno Satanismo


Intervista al Dott. Andrea Feltri

Criminologo, Criminalista, Cultore di macrosistemi organizzativi di tipo settario

D. Nel nostro Paese e nel resto del mondo industrializzato si assiste ad una notevole proliferazione di sette di vario genere. le quali attirano in modo progressivo sempre piu adepti. Dott. Feltri, cosa ci puo dire a riguardo?

R. Oggigiorno, la nostra società vive in una profonda crisi di identità , in un periodo di continue trasformazioni e di disordini con un aumento progressivo di reazioni incongrue e diversificate.

Inutile nascondere che la paura del futuro è alquanto diffusa, la sensazione di inguaribilità della società, il timore della tragedia incombente, inducono alla ricerca di soluzioni alternative con una modalità di fuga e di abbandono.

Senza meno le motivazioni specifiche che stimolano la costituzione ovvero la nascita di una “setta” si trovano generalmente nei profondi disagi e nei conflitti, annidati all’interno di una società .

D. Mentre, nello specifico, per quanto concerne le sette (sataniste ) o comunque organizzazioni “pseudoreligiose” costituiscono, secondo lei, di per se un elemento criminogenetico?

R. Il fatto che una setta di tipo satanica possa essere considerato come una sorta di religione, caratterizzata da una particolare concezione della vita e del mondo radicalmente contrapposta a quella cristiana, e che i suoi riti, per loro natura, siano devianti rispetto alla morale cristiana e a quella comune, non significa che la professione del satanismo e la pratica dei suoi riti implichino necessariamente la commissione di un reato, anche se rimane pur vero che si dovrà stabilire, caso per caso, se la trasgressività di certi riti di tipo satanico sfoci realmente in reati penalmente perseguibili, ripeto, anche se avversi agli archetipi positivi. Questo vuol dire anche che se una persona dichiara di essere satanista, o addirittura fonda una “setta” dedita al culto e all’adorazione di satana, non è perseguibile a norma di legge, purché quest’ultima non venga violata. Rimane comunque vero che per alcuni specifici casi si può parlare di satanismo criminoso, ossia di quel particolare comportamento criminale che, direttamente od indirettamente, è in relazione con l’ideologia, la cultura e la pratica del satanismo. Pertanto, ribadisco, che poichè, la natura religiosa di queste organizzazioni non costituisce di per sé un elemento “criminogenetico” , comunque , rimane oggetto di studio da parte del criminologo

solo come situazione di “contesto”

D). Potrebbe darci una definizione del “satanismo”?

Da un punto di vista storico e sociologico, il satanismo, può essere definito come l’adorazione o la venerazione, da parte di gruppi ,più o meno, organizzati , tramite pratiche ripetute di tipo culturale o liturgico, del personaggio chiamato nella Bibbia: Satana o Diavolo

D). Chi è Satana? E che origini ha?

Il termine, derivato dall’ebraico “Satan” , indica l’Avversario, l’angelo Lucifero. In origine, Lucifero l' arcangelo più bello, più splendente e più vicino a Dio, chiamato quindi ("portatore di luce"), che però, proprio per questa sua vicinanza, credette d'essere non solo come Dio, ma più potente dell'Onnipotente stesso, peccando così di blasfema superbia e ribellandosi al volere di Dio. (come è scritto: "Similis ero Altissimo", cioè "Sarò simile all'Altissimo", Isaia, 14,14). Raduna a sé un terzo delle schiere angeliche e muove guerra contro l'Onnipotente, suo Creatore, che lo vince e lo precipita dal Cielo insieme ai suoi angeli devoti. La loro caduta dura 9 giorni, ed infine l'Inferno si spalanca sotto di loro, inghiottendoli. Secondo la tradizione, in quel momento il vero nome di Lucifero viene "cancellato dai Cieli", con l'imposizione che nessuno lo pronunci mai più, e col comando che venga chiamato da allora in avanti "Satàn" (cioè, l'"Avversario")..

Nel nuovo testamento viene identificato come il diavolo (I Pietro 5,8 ) o con gli antichi simboli del male, come il dragone ed il serpente cacciato dal Paradiso, l’essere preternaturale che si frappone tra Dio e gli uomini, per tentarli ed indurli al peccato (Luca 10,18; Matteo 4,1-11;- 1 Corinzi 7,5;- 2 Corinzi 2,11).